MONTEVECCHIA SPECIALE – Avvenire Domenica 1 luglio 1990 – Con l’inaugurazione del restaurato organo del Santuario del Carmelo – Una voce ritrovata
Il testo riscritto dell’articolo dell’Avvenire
Il coro della chiesa parrocchiale e l’organista Italo Mattavelli saranno i protagonisti del concerto in programma questa sera alle ore 21
di ANGELO DE LORENZI
Questa sera (ore 21) nel Santuario della Beata Vergine del Carmelo, in cima alla collina di Montevecchia, si terrà il concerto per l’inaugurazione del restauro dell’organo.
I lavori, promossi dalla Comunità parrocchiale di Montevecchia, con un contributo finanziario dell’ Amministrazione provinciale di Como e la consulenza tecnica della Sovrintendenza, sono stati realizzati dalla ditta Alessandro Corno di Donato e Antonio Corno.
Per tutta la comunità si tratta di un recupero importante: l’organo infatti è antico e prezioso.
L’esistenza di un organo nel seicentesco Santuario è indirettamente comprovata dalla distinta di pagamenti dove in corrispondenza di una certa rendita, è indicata la somma di 60 lire per remunerare sagrestano e sacrista: le date, 1747-1750-1766 attestano come lo strumento esistesse già attorno alla metà del Settecento.
In occasione dello smontaggio dello strumento avvenuto nel laboratorio di Bernate ad Arcore, si sono potute precisare le sue caratteristiche originarie.
Nel corso degli anni alcuni elementi sono stati sostituiti: in particolare si è rilevata la presenza di un piccolo somiere di pioppo con sette canne per il prolungamento del contrabbasso in sostituzione di un probabile trombone di 8 piedi al pedale, come testimoniano le tracce rimaste e la manetta vuota dei registri. Molte canne mancavano del tutto.
Per rendersi conto della complessità dell’intervento di recupero, vale la pena mettere in luce almeno alcuni particolari sulle cose che si sono fatte.
Il somiere maestro è stato completamente scomposto nei suoi elementi costitutivi, sostituendo tutte le guarnizioni in pelle, le guide di ottone, le molle di richiamo dei ventilabri, le mollette e le spine dei ventilabrini, con trattamento antitarlo delle parti in legno.
I mantici sono stati completamente scomposti: le parti in legno carteggiate, liberate da incrostazioni e infine riassemblati con pelli nuove.
La catenacciatura originale è stata ripulita dalla ruggine; sono stati sostituiti tutti gli strangoli di ottone, per rendere silenzioso ed eguale il meccanismo.
Le parti di catenacciatura mancanti sono state ricostruite con ferro forgiato a mano.
Le canne di legno sono state sverniciate, risanate dal tarlo, stuccate e ridipinte. Tutte le canne di metallo sono state rimesse in forma, pulite e riordinate.
Sono state ricostruite nuove la tastiera, in legno di bosso ed ebano, e la pedaliera, secondo un modello ritrovato nelle adiacenze dell’organo, probabilmente originale ma difficilmente recuperabile.
L’ultima operazione, completato il rimontaggio nel Santuario di Montevecchia, è stata l’accordatura dello strumento. A regola d’arte, s’intende.
Quattro chiacchiere con i fratelli Corno: restaurare organi, un lavoro creativo e di soddisfazione.
(AdL) Sono «a posto» per almeno tre o quattro anni: i fratelli Corno, Antonio e Donato coadiuvati da papà Alessandro a metà pensione, non rischiano di certo la disoccupazione.
Fanno un mestiere bello e affascinante: creativo. Costruiscono e rimettono in sesto organi da chiesa. Sono un po’ antiquari, fabbri, falegnami, accordatori.
Bisogna avere «orecchio» per eccellere, conoscere un po’ di storia dell’arte, capire la sensibilità e i gusti dei parroci loro principali committenti.
Le botteghe artigiane specializzate in questo genere di attività si possono contare sulle dita delle mani. In Brianza ce ne sono un paio: a Sovico e ad Arcore.
In quest’ultima lavorano i Corno contagiati dalla passione del papà che è riuscito a trasmettere la tecnica e soprattutto il gusto della professione. Per costruire un organo occorre quasi un anno.
Si fa tutto in bottega. Il materiale utilizzato è dei più pregiati. Viene usato il legno: rovere, noce, ebano, bosso e abete, innanzitutto. Poi ci sono le parti in lega come le canne per le quali si utilizza lo stagno e il piombo.
«Una decina di anni fa, però – spiega Donato – abbiamo vissuto un periodo di grande crisi. Gli organi nelle chiese non venivano più richiesti. Ci si era quasi dimenticati di loro. Ma adesso si ritorna ad assaporare il gusto del canto solenne e l’accompagnamento musicale più tradizionale sta riprendendo quota.
Si può dire di più: stiamo assistendo ad una vera e propria rivalutazione di questo strumento così antico e tradizionale. Nel restauro di vecchi organi – prosegue Donato – è valida la filosofia che occorre innanzitutto rispettare la volontà e il gusto dell’autore originario.
Non possiamo portare in laboratorio un vecchio organo del ‘700 e rifarlo completamente. Facciamo un lavoro veramente bello: non esiste uno strumento che sia uguale ad un altro. Ogni volta è un’avventura nuova: bisogna costruire qualche cosa di completamente originale.
Spetta a noi il progetto, l’ideazione. Ci sono anche parroci molto competenti in grado di suggerirci le soluzioni tecniche più adeguate al problema. E spesso si tratta di affrontare il tema dello spazio che nelle chiese talvolta è abbastanza limitato».
Papà Alessandro ha cinquant’anni di esperienza alle spalle, potrebbe riposarsi e lasciare interamente ai figli la conduzione dell’azienda, ma non è capace di resistere alla tentazione di tornare ogni giorno in bottega a lavorare. In fondo, una spiegazione c’è: plasma strumenti che danno voce all’Infinito.